Ogni grande cambiamento sollecita un profondo processo di trasformazione interiore

Può trattarsi di un sogno lavorativo che si realizza, ma può essere anche una brutta notizia, o semplicemente accorgersi che si sta invecchiando.

Ogni grande cambiamento sollecita un profondo processo di trasformazione interiore. «L’errore più frequente è pensare di trovare la soluzione nel già conosciuto. Ho perso il lavoro? Chiamo gli ex colleghi per cercare di ricollocarmi il più in fretta possibile laddove penso di avere esperienza e competenze», dice Francesca Natale, consulente e facilitatrice dei processi di trasformazioni nelle aziende.

In molti casi questa strategia non funziona, perché non è una scelta consapevole ma è il frutto di un’abitudine. «L’arrivo di qualsiasi cambiamento ci costringe a modificare radicalmente il nostro quotidiano ma anche noi stessi», aggiunge l’esperta.

Un percorso in quattro step ci guida in questo percorso.

  1. Specchiarsi negli occhi degli altri
    Il primo passo è cambiare il nostro punto di vista, cioè guardare alle cose che ci riguardano da prospettive diverse. L’osservazione prevede un’attivazione e un movimento che ci consente di guardarci dall’esterno. «Possiamo semplicemente chiedere a 3-4 persone fuori dall’ambito familiare più ristretto, a un’amica come a una vicina di casa: “Cosa vedi di me in questo momento?”. In questo modo gli altri diventeranno il nostro strumento di consapevolezza, proprio perché rispecchiano il nostro punto cieco, quello che noi non riusciamo a vedere», spiega Francesca Natale.
  2. Scoprire cosa mi appassiona veramente
    Il secondo step è quello della riflessione. Può essere utile scrivere su un diario quali cose nella giornata ci danno gioia e quali invece provochino frustrazione: l’esercizio serve a capire dove si trova l’energia e dove invece la si disperde. «A questo punto ci si deve fermare, prendersi un pausa e distinguere, diario alla mano, tra ciò che si sta vivendo e ciò che si sta subendo e chiedersi: “Come posso affrontare la perdita di lavoro senza perdermi?,  oppure, “Come posso dare senso alla mia vita ora che i figli non sono più in casa?”. La risposta è in parte contenuta nel diario, in quello che mi dà gioia. Lì getto un seme che diventerà il mio prototipo», precisa Francesca.
  3. Mi alleno come in una palestra
    Attenzione quel seme non è la soluzione, ma deve diventare un’abitudine quotidiana. Gli esempi aiutano: «Ho scoperto leggendo e riflettendo sul mio diario che mi piace parlare con le persone? Devo alimentare questa pratica con piccole azioni quotidiane, perché ha sicuramente qualcosa da insegnarmi rispetto al mio processo di cambiamento. Nel frattempo devo riflettere su quello che devo lasciar andare; per una donna che sta invecchiando, può essere la sua immagine di quando aveva 20 anni», dice l’esperta dei processi di trasformazione. Quella nuova azione diventa così una palestra che andrà a nutrire chi sono, ma soprattutto chi voglio diventare: il seme è stato messo nel mondo.
  4. Industrializzare l’azione
    Le donne, anche per la loro capacità generativa, hanno più facilità a gettare nuovi semi, mentre fanno più fatica a lasciar andare quello che hanno nutrito, dai figli al lavoro. Ora si è arrivati alla fase dell’industrializzazione, che concretizza il nostro nuovo progetto. Ecco un esempio molto eloquente: «Il seme messo a dimora dopo la notizia di una brutta malattia poteva essere cucire turbanti per le donne che avevano perso i capelli; quell’idea ci faceva stare bene e abbiamo iniziato a farli; in realtà abbiamo capito che il nostro nuovo progetto era creare un’associazione che facesse sentire belle le donne anche senza coprirsi”, conclude Francesca Natale.

scritto da Anna Bogoni, pubblicato su il giorno, il resto del carlino, la stampa il 16 aprile 2019.

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